“Stiamo valutando la possibilità di fare ricorso immediato alla Corte europea di Strasburgo per la violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che è già costata altre condanne all’Ungheria”: lo preannuncia l’avvocato Eugenio Losco, uno dei legali italiani che assiste Ilaria Salis, la 39enne milanese da quasi un anno detenuta a Budapest, mostrata in catene nell’aula di tribunale. “La violazione è palese, visto come è stata portata con un guinzaglio in aula”, prosegue l’avvocato Losco, rientrato ieri in Italia mentre i genitori di Ilaria sono ancora a Budapest, dove stamattina incontreranno prima la loro figlia in carcere e poi l’ambasciatore italiano in Ungheria, Manuel Jacoangeli. “Intanto andiamo avanti, cercando di capire in cosa consiste l’impegno del governo per arrivare all’obiettivo degli arresti domiciliari”, ha concluso Losco.

E, proprio in merito alla richiesta della carcerazione domiciliare, si è appena venuto a sapere che i giudici ungheresi l’avevano già respinta nel giugno scorso per il suo trasferimento in Italia, avanzata dagli avvocati della 39enne. Il motivo era il pericolo di fuga. A quanto si apprende, la richiesta potrebbe essere rivalutata solo a seguito di una preventiva applicazione dei domiciliari in Ungheria, su decisione dei giudici: solo in seguito a questa disposizione, quindi, si potrebbe prendere in considerazione la possibilità di applicare la decisione quadro del Consiglio europeo per il reciproco riconoscimento delle decisioni sulle “misure alternative alla detenzione cautelare”.

Nel frattempo, arriva anche una risposta dalla amministrazione penitenziaria ungherese in una integrazione di risposte fornite dall’Ungheria alla Corte d’Appello di Milano, per il caso di Gabriele Marchesi, coindagato di Ilaria Salis e ai domiciliari in Italia. “Se la persona viene consegnata e presa in carico, il suo collocamento si svolgerà in condizioni coerenti con quanto previsto dalla Convezione europea sui diritti dell’uomo, dalla raccomandazione delle Nazioni Unite sulle linee guida minime per il trattamento umano delle persone arrestate, nonché dalla raccomandazione numero R2006/2 del Consiglio d’Europa sulle regole penitenziarie europee”. L’amministrazione penitenziaria di Budapest aggiunge: “Per quanto riguarda la collocazione del detenuto, ai rappresentanti consolari e diplomatici del rispettivo Stato in Ungheria viene data la possibilità, previa consultazione, di entrare nel relativo istituto penitenziario e ispezionare le condizioni di detenzione, nonché il personale del consolato del rispettivo Stato può visitare il detenuto”. La missiva inviata alla Corte d’Appello di Milano riguarda un quesito dei giudici italiani, ossia quello sulla “disciplina legale dei colloqui” in carcere con i detenuti.

Ansa

Ilaria Salis in tribunale a Budapest

Dal caso giudiziario alla polemica politica

Fin qui, la situazione aggiornata per quanto riguarda il lato giudiziale e legale. In Italia, invece, continua a imperversare lo scontro tra i partiti di maggioranza e opposizione, in una vicenda che travalica con evidenza il perimetro giudiziario e del diritto e investe direttamente il governo e la presidente del Consiglio, la quale non ha mai fatto mistero del suo legame ideale con Viktor Orban, il suo principale alleato in Europa. Un’amicizia, dicono le opposizioni, che potrebbe servire a migliorare le condizioni di detenzione della Salis, non certo farle evitare il processo. L’accusa a Ilaria, le sue garanzie di imputata, i reati di cui si dibatte, le condizioni carcerarie in cui viene tenuta non bastano a circoscrivere un vero e proprio caso politico-giudiziario internazionale, soprattutto per quanto riguarda il “ritardo” con cui le autorità italiane, ritardo che ora investe anche l’ambasciatore a Budapest, si sono mosse. È un fatto, effettivamente, che la famiglia di Ilaria, i suoi amici, i legali e quanti hanno a cuore, anche in Parlamento, le sue sorti, chiedono da mesi al governo di intervenire. Cosa che di fatto è avvenuta solo nelle ultime ore. Ilaria Cucchi, deputata di Avs, è ancora più netta: “Oggi dicono che non ne sapevano nulla, ma non è vero e possiamo dimostrarlo. La famiglia fin da subito ha sollecitato il presidente del Consiglio e i ministri senza avere risposta. Io con i miei compagni di partito facemmo una pubblica denuncia il 10 gennaio” e “poi interrogazioni parlamentari sia al ministro degli Esteri, sia della Giustizia. Non è vero che non ne sapevano nulla ma più grave è che non abbiano fatto nulla. Ci sono strumenti per riportarla in Italia, lei non chiede di sottrarsi al processo ma di essere messa ai domiciliari nel suo Paese”.

Dalla parte della maggioranza, di contro, si sottolinea come il potere giudiziario ungherese sia indipendente dall’esecutivo di Budapest, che quindi può fare ben poco (non è così, in realtà, come la Commissione europea e il Consiglio di Bruxelles denunciano da tempo, per le riforme messe in atto da Orban, che hanno condizionato la magistratura, mettendone a rischio l’indipendenza).

Roberto Salis, padre di Ilaria Web

Roberto Salis, padre di Ilaria

Silvestri (M5s) e Ricci (Pd) contro il ministro Lollobrigida, che continua a non commentare

“A questo punto, è evidente che l’eroe di questa storia è chi ha fatto il video, altrimenti il ministro Tajani non ne avrebbe saputo mai nulla. Dov’era? Ricordo che nel 2019 Meloni definiva Orban il faro che l’Europa dovrebbe seguire. Ecco, oggi quel faro porta in un tribunale, incatenata come un cane, una cittadina italiana” ha dichiarato il capogruppo M5S alla Camera, Francesco Silvestri. Che ha poi detto la sua sulle parole del ministro dell’Agricoltura Lollobrigida, il quale ha declinato un commento sulle immagini di Ilaria in catene, definendole “inaccettabili”, “non solo perché Lollobrigida è un ministro, ma anche perché è il capo delegazione di FdI. Vuol dire che parla a nome di tutti i ministri del principale partito della maggioranza” ha aggiunto Silvestri.

Ieri, di fronte all’ammissione del titolare della Sovranità alimentare di non aver visto le immagini di Ilaria Salis in catene, era arrivato anche il commento di Matteo Ricci, sindaco di Pesaro e coordinatore dei sindaci democratici, che aveva detto: “Un ministro della Repubblica come può dire di non aver visto foto che hanno fatto il giro del mondo? Foto che ritraggono una donna prigioniera, un’italiana che il governo ha il dovere di difendere, dinanzi ad un trattamento non civile, come quello che sta subendo in Ungheria?”, aggiungendo che “anche in questo caso, ognuno è sovranista a casa propria: non solo c’è un rapporto di amicizia politica che viene prima del rapporto istituzionale, ma ognuno si fa gli affari suoi a casa sua: il sovranismo è fatto così”.

 

Lega: “Nel 2017 Salis danneggiò un nostro gazebo”. Il legale: “Per quel fatto è stata assolta”

Oggi, ad alimentare il bailamme politico, una nota della Lega, che – definendo “scioccanti” le immagini della detenuta italiana in Ungheria – riferisce un precedente episodio in cui è stata coinvolta Ilaria Salis: “Il 18 febbraio 2017, a Monza, un gazebo della Lega veniva assaltato da decine di violenti dei centri sociali, e le due ragazze presenti attaccate con insulti e sputi da un nutrito gruppo di facinorosi. Per quei fatti, Ilaria Salis è finita a processo, riconosciuta dalle militanti della Lega. Le sue vicissitudini offrono l’opportunità di ribadire che il legittimo esercizio del dissenso non può mai sfociare in episodi di violenza, soprattutto come quelli messi in atto contro giovani indifese aggredite da un branco, come successo a Monza”.

Ma subito interviene l’avvocato Losco, che difende Ilaria a Budapest, precisando che “Salis è stata assolta per non aver commesso il fatto, in relazione all’episodio dell’aggressione al gazebo della Lega nel 2017”. Viene da chiedersi, a questo punto, perché il partito di Matteo Salvini citi l’episodio per cui Salis è andata a processo senza specificare, il che fa la differenza, che la maestra 39enne fu assolta per quei fatti. Il suo legale precisa ulteriormente: “La signora Salis non è stata affatto individuata dalle due militanti della Lega ma solo individuata come partecipante al corteo che si svolgeva quel giorno a Monza da un video prodotto in atti. Il giudice nella sentenza ha specificato che risulta aver partecipato solo al corteo senza in alcun modo aver partecipato all’azione delittuosa di altre persone né di aver in qualche modo incoraggiato o supportato altri a farlo”.

Matteo Salvini LaPresse

Matteo Salvini

Un’altra riflessione diventa a questo punto opportuna, anche alla luce delle parole pronunciate ieri dal vicesegretario leghista Andrea Crippa (“Spiace per il trattamento (…) Però ogni Paese punisce come vuole e non compete a me giudicare quello che si fa in altri Paesi”): fermo restando che in Europa ogni cittadino, anche detenuto, gode di diritti e tutele, e che quindi non è vero che ogni Paese punisce come vuole (pare che il divieto della pena di morte sia una conquista della civiltà europea), a monte di tutto questo, cosa c’è? Citare un precedente episodio di violenza significherebbe voler suggerire che la persona in questione è un individuo incline alle aggressioni e che, quindi, non dovrebbe stupire che sia tenuta in catene in un’aula di tribunale? Il retropensiero sottostante qual è? Presentare la maestra milanese come una persona meritevole di trattamenti detentivi degradanti (perché di questo si tratta)? Se così non è, cioè se non è questa l’intenzione del Carroccio, perché non limitarsi a condannare senza se e senza ma le immagini vergognose che tutti hanno avuto modo di vedere?

Dal canto suo, Matteo Salvini ha precisato che è “fondamentale chiedere condizioni di detenzione umane e civili rispettose, oltre a un processo giusto. Spero che si dimostri l’innocenza perché, qualora fosse ritenuta colpevole, atti di violenza attribuibili a un insegnante elementare sarebbero assolutamente gravi. Le catene in un tribunale non si possono vedere, bene fa il governo italiano a chiedere il rispetto dei diritti di colei che è innocente fino a prova contraria”. Il vicepremier lo ha detto parlando con i cronisti a Bruxelles, chiarendo che: “la sinistra che invoca l’indipendenza della magistratura in Italia, ovviamente immagino abbia lo stesso rispetto per le magistrature degli altri Paesi Ue. Contiamo su processo giusto e veloce sperando nella sua innocenza”. Ma, aggiunge a mo’ di postilla Salvini, “se fosse dichiarata colpevole, sarebbe incompatibile con l’insegnamento in una scuola elementare italiana”.

Ilaria Salis, l'italiana accusata di aver aggredito due neonazisti lo scorso 11 febbraio a Budapest Ansa

Ilaria Salis, l’italiana accusata di aver aggredito due neonazisti lo scorso 11 febbraio a Budapest

Il caso dell’aggressione di un anno fa, l’accusa a Ilaria di lesioni aggravate

Ilaria Salis è stata mandata a processo con l’accusa di lesioni aggravate per un episodio del febbraio 2023, quando avrebbe aggredito insieme ad altri attivisti antifascisti due militanti neonazisti, i quali non hanno sporto denuncia e si sono ripresi dopo due giorni di prognosi. Quell’episodio è avvenuto, sostiene l’accusa, nell’ambito di una iniziativa promossa da un’associazione a delinquere tedesca, la Hammerband, che si era data appuntamento nella capitale ungherese per attaccare simpatizzanti di estrema destra, skinheads e fascisti in occasione del cosiddetto Giorno dell’onore. Questa rievocazione celebra il tentativo, risalente al 1945, di un battaglione nazista d’impedire la presa di Budapest da parte dell’Armata Rossa sovietica, che stava liberando l’Europa centrale dal giogo nazionalsocialista.

In un video, le autorità ungheresi hanno riconosciuto Salis, accusandola di far parte di un collettivo antifascista responsabile dell’aggressione. Ilaria si è sempre dichiarata innocente, affermando di non essere lei nelle immagini diffuse, in cui si vede l’assalto con calci e pugni ai militanti di estrema destra. Arrestata nel febbraio 2023 in un momento successivo, mentre era in un taxi con due amici, sarebbe stata trovata in possesso di un manganello retrattile, usato per difesa personale (avrebbe sostenuto la diretta interessata).

La pubblica accusa del Tribunale di Budapest si è mossa senza denuncia di parte, incriminando la 39enne milanese più due altri attivisti che erano con lei. Ora la maestra lombarda rischia fino a 11 anni di carcere, mentre uno dei suoi compagni, tedesco, si è dichiarato colpevole e ha patteggiato una pena di tre anni. Le è stato negata la revoca della custodia cautelare per il pericolo di fuga. La prossima udienza del processo è fissata al 24 maggio.

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